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E' sempre più juve

Dire che ci sono giocatori che fanno la differenza è talmente banale e risaputo che sembra non valga la pena rimarcarlo. Eppure credo sia doveroso soffermarsi quando si assiste a prestazioni che vanno al di la del puro gesto tecnico ed atletico, che si pongono come autentici scogli provvidenziali per uno sport naufrago, spesso orfano di valori e di uomini veri. Capitan Maldini è oggi spesso l’emblema di una difesa considerata troppo vecchia, capace di amnesie colossali, che in questo avvio di stagione ha regalato più brividi di paura che la sicurezza che ci si potrebbe aspettare da affermati campioni.

Io stesso non sono stato tenerissimo considerando, e per molti aspetti continuando ad esserne convinto, che il ruolo di centrale non è quello dove può esprimersi al meglio, foriero di figure non brillantissime per un giocatore capace di dare molto di più. Ma ci si dimentica della statura di un uomo che ama parlare poco ma che ama i fatti, che non prende la parola per polemizzare o per sostituirsi ad altri, ma solo quando ritiene di doversi assumere le sue responsabilità di capitano e di veterano. Oggi lo ha fatto sul campo, volendo portare il suo Milan fuori dalle polemiche e dai dubbi. Lo ha fatto segnando due gol, cosa per lui assolutamente inusuale, ma soprattutto con una prestazione senza pecche, caratterizzata da una volontà ferrea di trascinare la squadra e di essere, ancora una volta, un esempio vivente.

L’Udinese torna a vincere con il ritorno di Iaquinta. Può essere un caso, certo. Ma il centravanti, dopo qualche minuto di comprensibile empasse, è diventato devastante, un motore inarrestabile, una spina nel fianco costante, un autentico flagello che la Lazio non riusciva ad arginare. Ha sbagliato anche, certo, ma non è questo che conta. Importa invece vedere un giocatore che sembrava dire : sono tornato, ci sono. I problemi sono tutti per gli avversari quando un giocatore ha questa classe supportata dalla volontà di mettersi completamente in gioco, di sacrificarsi e di lottare su ogni pallone. Iaquinta è tornato, se ne è accorta la Lazio, se ne accorgeranno tutti.

Si sono sbagliati tanti rigori in questa giornata, ben tre su cinque. Merito dei portieri o demerito degli attaccanti ? Credo che l’annosa questione come sempre fatichi a trovare una risposta concreta. Mi piace però sottolineare che alcuni estremi hanno dato ultimamente prova di grande valore e stato di forma eccellente. Hanno fornito prove notevoli, sfornando interventi che hanno avuto la valenza di un gol. Due su tutti, a mio parere. Nella sfortunata partita della Fiorentina con l’Inter del turno scorso, Frey ha dimostrato tutto il suo valore con interventi prodigiosi, diventando egli stesso la difesa, spronando i compagni, avvilendo le sfuriate nerazzurre. Che sia un portiere di grande valore non lo si scopre oggi, ma con il passare del tempo mi sembra stia assumendo sempre di più il carisma del leader, il vero comandante delle retrovie. Questa domenica credo che il portiere del Lecce Sicignano meriti una menzione particolare. Non solo ha parato molto bene un rigore, ma si è reso protagonista di interventi decisivi, spegnendo sul nascere ogni velleità del Cagliari. Davvero l’ultimo inespugnabile baluardo che ha consentito ai suoi di portare all’arrivo una vittoria senza patemi. Non si vive di soli gol.

Nel derby d’Italia, come di prassi per partite di questo rango, posticipato in serata, un dato su tutti. Le statistiche di prima valutazione parlano di circa 30.000 spettatori, poco più della metà di Milan-Reggina. Non tutto si spiega con la televisione, anzi in questo caso non si spiega nulla. Che lo stadio Delle Alpi sia una mortificazione per un appassionato di calcio è discorso trito e ritrito. Ma occorre ricordare ai cervelloni autori di certe architetture che in uno stadio si va per “vedere” una partita, possibilmente comodi ed a una distanza ragionevole. Anche l’acustica ha una certa importanza. Oltre alla viabilità, intesa soprattutto come agevolazione del deflusso, ed alla possibilità di parcheggio a costi non certo pari a quelli del biglietto di ingresso. Costruire un impianto senza tutti o molti di questi requisiti equivale a costruire una cattedrale nel deserto, un avvilimento della passione.

E vogliamo anche far fischiare le orecchie a chi non ha saputo valutare con sufficiente competenza l’impatto di una chiusura statica su di un catino come S.Siro. Con il risultato di costringere due squadre di altissimo livello a giocare su terreni spesso infami. Vogliamo posti nominativi ? Benissimo ma che i posti siano comodi e offrano una visuale decorosa e la possibilità di assistere ad uno spettacolo non condizionato da terreni oratoriani. Comunque vince la Juve con buona pace, per il momento, dei sogni di gloria di Milano.

da goal.com

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