Un’altra testata per Marco Materazzi, un leit motiv che lo ha accompagnato nel 2006 dal trionfo Mondiale di Berlino alla quattordicesima vittoria consecutiva in campionato della sua Inter a Marassi.
Se è così che deve andare ben vengano le testate… "Non so se sono il bersaglio: ma come e' finita a Berlino? Abbiamo vinto noi. E come e' finita stasera con la Samp? Abbiamo di nuovo vinto. Finché va cosi' e io non faccio nulla, va bene. E se faccio qualcosa, chiedo scusa...".
Questa non vuole essere l’apologia di Marco Materazzi, ci mancherebbe, ma forse bisogna ogni tanto ripristinare qualche puntino sulle famose “i”, che qualcuno scrivendo ha volutamente o distrattamente omesso.
Che prendere a testate Materazzi sia diventato sport nazionale e internazionale e nessuno dica niente, anzi ci si faccia sopra una risata, passi, quando c’è chi, invece non può essere guardato, sfiorato, tanto meno toccato duro e deve assolutamente essere tutelato come patrimonio nazionale, ormai è storia vecchia.
Ma basta, per favore con i luoghi comuni e con le etichette prestampate, già abbondantemente strappate davanti agli occhi del Mondo intero.
Che, chi colpisce Marco Materazzi e si fa artefice di un gesto che disonora il calcio e la comune buona educazione debba passare anche per la vittima provocata e martorizzata dal cattivo e irruento, violento difensore, scarpaio. No!
Scusa comune, dal più celebre dei francesi Zinedine Zidane, che non nuovo a gesti di ordinaria follia, davanti al mondo stampa il suo capoccione sul petto del difensore azzurro in una finale Mondiale, e prende quasi le stesse giornate di Materazzi, non solo viene premiato giocatore del Mondiale… ha del paradossale, e che su tutte le televisioni ieri sera, dopo la sciocchezza di Delvecchio si debba sentire il giocatore, che accusa Materazzi di averlo provocato, è follia.
Marco Materazzi è il giocatore italiano più rappresentativo e decisivo di quest’anno, mettetevi l’anima in pace ben pensanti, finti buonisti: vero, verace, sanguigno, quanto volete, onesto e leale, duro e uomo, vero, non come chi colpisce a tradimento il petto o il volto dell’avversario, nascondendosi dietro a patetici tentativi di giustificazioni.
L’etichetta di cattivo ragazzo, addossata a Marco Materazzi non gli da il giusto merito, l’uomo mondiale 2006, l’eroe di Berlino e il protagonista della meravigliosa marcia dell’Inter, l’unico o quasi a portare degnamente e orgogliosamente il tricolore in un’Inter sempre più straniera… un difensore che negli anni ha saputo migliorarsi con l’impegno, la volontà, la passione e la grinta, sì, ma non è reato, è saputo salire all’apice del mondo calcistico, e non per caso, rendendosi protagonista, di un anno indimenticabile e non cedendo un passo alla stanchezza, alla gloria del trionfo ha ricominciato umilmente una nuova stagione, mietendo successi, in campo… perché sulle copertine non si mettono i suoi recuperi a volte degni del miglior Nesta, o perché non vedo passare a spot per il calcio il gol di rovesciata del difensore Materazzi… perché, perché, viviamo di pregiudizi e luoghi comuni…
E’ diventato troppo facile, ogni qual volta che giocatori avversari e non solo, hanno a che fare con Materazzi e non la spuntano se non commettendo, chiamiamole sciocchezze, la colpa è del cattivo e violento difensore…
E basta con l’idiozia, l’infantilismo e i pregiudizi. Marco Materazzi ha dimostrato, anche troppo, valore e lealtà sportiva, e invece, ci risiamo, ancora dover correre a difendersi dalla stessa accusa… prima Zidane, perché è Zidane, grandissimo giocatore, eccellente esteta del pallone, ma poco campione davvero, poi Giordano, pronto a definirlo “sceriffo”, solo perché campione del mondo, e ancora oggi Delvecchio, che emula, chi più di lui è alla ribalta delle cronache e lo “ri”etichetta come il provocatore della situazione, sì il castigamatti… solo perché a muso duro ha difeso un compagno. In un campo di calcio, di solito scendono uomini, in grado di comportarsi da uomini, con il rispetto per avversari e compagni, si affrontano a volte, giocando duro, e come si dice: “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Forse taluni, tanto duri non sono…
La Redazione